IL CASO
Il colosso francese della grande distribuzione culturale sta vivendo uno dei momenti più difficili della sua storia. La famiglia Pinault vorrebbe vendere ma i pretendenti, almeno per il momento, non ci sono. Colpa di un modello di business che non ha retto l’impatto della smaterializzazione dei contenuti e di un’epoca in cui i clienti, pur di avere uno sconto, non esitano a voltare le spalle ai grandi negozi nel centro delle città
dal nostro corrispondente GIAMPIERO MARTINOTTI
La crisi investe tutti i settori merceologici del gruppo: i laboratori fotografici sono scomparsi e la vendita di apparecchi ha dovuto fare i conti con la concorrenza; il settore dei dischi è naufragato in tutto il mondo, travolto dalla smaterializzazione
dei supporti; il libro è in crisi e l’arrivo degli e-book minaccia seriamente il modello economico di tutti i librai, grandi e piccoli; la vendita di prodotti elettronici soffre della concorrenza: su internet i prezzi sono più bassi, il mercato dei televisori è in piena deflazione, i grandi ipermercati offrono prezzi stracciati per attirare i clienti a cui vendono anche cibi, abiti, prodotti per la casa e quant’altro. Tutto ciò senza contare il fatto che i magazzini Fnac sono quasi sempre nei centri città e troppo poco presenti nei grandi centri commerciali di periferia. Ce n’è abbastanza per scoraggiare qualsiasi acquirente potenziale. E anche per mettere a dura prova i nervi dei dirigenti: dal 2001, anno in cui venne lanciato il primo Ipod, la Fnac ha avuto quattro presidenti-amministratori delegati.
Bompard tenta di reagire alla crisi in due modi. Da un lato, le ricette classiche: tagli dei costi per 80 milioni, soppressione di 500 posti di lavoro. In questo contesto, la sorte dei negozi italiani sembra segnata: «In Italia, dove non abbiamo raggiunto la taglia critica e dove le condizioni di gestione in proprio non esistono più, studiamo tutte le opzioni possibili e prenderemo una decisione durante l’anno», ha detto Bompard in gennaio. In pratica, sembra di capire, la vendita o l’ingresso di un partner o anche la chiusura.
Dal punto di vista strutturale, Bompard ha lanciato un ‘piano 2015’ che dovrebbe riconfigurare la Fnac e darle un nuovo aspetto. L’idea centrale, e un po’ vaga, è quello di ricostruire l’universo della catena attorno al cliente: i settori saranno ridisegnati pensando ai potenziali acquirenti (amanti di musica, bambini, famiglie, fan di tecnologie) e non più strettamente per prodotti. Ma anche l’offerta cambierà: sono stati introdotti i prodotti di cartoleria e adesso arrivano i piccoli elettrodomestici design. A medio termine, oltre a macchine da caffè e aspiratori si dovrebbero trovare anche altri oggetti per la casa, come le lampade. Ma solo prodotti chic: la Fnac non intende diventare un distributore di elettrodomestici bianchi, un settore in cui era presente negli anni Settanta. Infine, la vendita dei telefonini è stata abbandonata e gli spazi nei negozi sono stati dati in gestione alla Sfr, uno dei quattro operatori transalpini. Il settore libri, invece, non sarà toccato.